Casalnuovo Matematica <> Cucina contatti home page  
 

Comune di Casalnuovo di Napoli







 

Storia di Casalnuovo di Napoli

PUBBLICATA SUL SITO DEL COMUNE


La storia di Casalnuovo: le origini

Angiolo Como nel 1484 ebbe in concessione da Ferdinando d’Aragona i resti dell’antico villaggio di Arcora che rientrava nell'ambito del territorio di Afragola.. Il signore di questo casale. Cesare Bozzuto, non contento della scelta della casa Aragonese, che aveva concesso parte del territorio che rientrava sotto la sua giurisdizione, sollevò la questione giuridica inerente il caso. La ricomposizione della vicenda avvenne a distanza di otto anni, il 5 marzo del 1492. Fu in quest’ultima data che Ferdinando d’ Aragona appose il regio assenso all'accordo raggiunto tra il Corno ed il Bozzuto a cui, poi, fece formalmente seguito la nascita del casale di Casalnuovo. Il ricco mercante napoletano Angiolo Como era uno dei creditori della casa reale aragonese. Come documentano le "Fonti Aragonesi", tra il 1487 ed il 1487, i prestiti del Como ai regnanti di Napoli furono alquanto frequenti: "Dicto febraro 1487. Da Angiolo Como, cento ducate, sono per impronto ne fa al S. R (Signor Re) per. un mese" Vecchio Municipio con torre Altri prestiti di duecento e trecento ducati furono effettuati dal Como, a cadenza quasi mensile, a favore degli Aragonesi. Antonio Chiarito nel suo commento alla costituzione di Federico II rilevò che Casalnuovo sorse dalle ceneri di un vecchio villaggio prenormanno appellato Arcopinto, al quale fu poi dato il nome di Arcora e poi, finalmente, di Casalnuovo. I resti dell'antico villaggio di Arcora sorgevano nella parte alta del paese, dove attualmente si trova la via Arcora, la chiesa di S. Maria dell’Arcora e più complessivamente tutta la zona che si estende sino alla località detta "Botteghelle". Giuseppe Castaldi nelle sue "Memorie storiche del comune di Afragola scriveva: "Sul territorio di Afragola o sul termine dei suoi coonfini esisteva un casale che diceasi Archora o Arcora, di cui si fa menzione in un diploma del 18 luglio dell’anno 949 scritto a nome di Giovanni Consolo, e duca di Napoli mediante il quale si concedette a Pietro Prete ed Abbate del S. S. Severino, e Sossio di Napoli la facoltà di edificare un molino nel decorso d’acqua che fluiva in territorio di esso monistero situato nel comune di Terzo villaggio allora esistente, e posto vicino al casale di Ponticello, ed in cambio il monistero medesimo concedè al Duca Giovanni campum positum ad Arcora, Il Giustiniani nel suo "Dizionario storico geografico delle province meridionali" scriveva che "Pandolfa Ianuario possedea bona feudalia in Casali Afragola in loco qui dicitur Arcuspintus". Da quanto riportato emerge chiaramente che sia il Castaldi che il Giustiniani non concordavano con l’ipotesi del Chiarito secondo cui il villaggio di Arcora si sviluppò sugli antichi territori di Arcopinto. La ricostruzione proposta da Antonio Chiarito non teneva conto di due elementi importanti; 1 ) il villaggio di Arcopinto e quello di Arcora si trovavano nella stessa zona (Afragola), ma a distanza diversa da quella descritta dal Chiarito. Il primo villaggio si trovava in pieno territorio di Afragola, lungo l’asse dell’attuale via S. Marco (come sostiene il Giustiniani), mentre il villaggio di Arcora aveva la dislocazione descritta in precedenza; 2) in un diploma di Carlo I, datato 1268, si nominavano tutti i casali di Napoli sin dai tempi di Federico II e si faceva parola di Arcora e non di Arcopinto. Cortile di Via Virnicchi. Ingresso di una grotta Dato questo quadro di partenza, con il regio assenso apposto dal rappresentante degli Aragonesi di Napoli, il 5 marzo del 1492 Casalnuovo sorgeva solo formalmente mentre le sue radici affidavano in epoche ancora più remote. Dunque, Angiolo Como in seguito alla concessione avuta da Ferdinando d’Aragona, si fece promotore della ricostruzione del villaggio. Verosimilmente, in seguito all'opera avviata dal Como, Cesare Bozzuto, signore di Afragola si fece avanti per riottenere dagli Aragoncsi il dominio ed il possesso di quei territori. La controversia che sorse tra il Como ed il Bozzuto fu ricomposta con l'intervento del tavolario Paolino di Golino e del primario Pietro Severino i quali stabilirono che spettava al Como la giurisdizione sul territorio di Arcora e che lo stesso Como avrebbe dovuto pagare al Bozzuto una somma di 30 once. Il casale di Casalnuovo appartenne alla dinastia dei Como per oltre un secolo e mezzo. Infatti, Girolamo Como, discendente di Angiolo, vendette il casale locale al barone Benedetto Farina nel 1747 a distanza di 155 anni dall'ottenimento del regio assenso per edificare Casalnuovo. Il prezzo pagato dal barone Farina a Girolamo Como fu di 121.700 ducati di cui 44 mila furono pagati subito ed il restante in rate. Per tale cifra il Farina riceveva dal Como: "... suo palazzo giardino, grotta, cellaro, uomini vassalo, loro rendite, cenzi, corpi et effetti, ed altro...". Il contratto di vendita del casale di Casalnuovo fu siglato presso il notaio Domenico Guglielmo Sclaro di Napoli il 29 giugno 1747 ed aveva decorrenza a partire dal luglio 1747. Dunque, a partire dal l luglio 1747 e sino al 2 agosto del l806, epoca in cui i Francesi emanarono la legge sull'abolizione della feudalità, il barone Benedetto Farina esercitò tutti i suoi poteri in Casalnuovo. Alla sua morte, per vicissitudini di discendenza, rivendicò i diritti alla bagliva ed alla zecca e misure il marchese Tommaso Solimena. Accade, cioè, che in seguito all'eversione della feudalità voluta dalla legge del 2 agosto 1806 fu istituita una "Commissione della liquidazione del debito pubblico", a cui si potevano rivolgere tutti i possessori di diritti o titoli creditizi da far valere. I1 15 dicembre del 1807, il marchese Solimena si rivolse a tale commissione per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti alla bagliva ed alla zecca e misure non più percepiti nell'Università di Casalnuovo. Solo a distanza di cinque anni vi fu la decisione: "Commissione della liquidazione del debito pubblico. Addì 26 sett 1812. Vista la dimanda del Marchese Sig.re Tommaso Solimena che ha chiesta la liquidazione della bagliva e zecca dei paesi e misure possedeva in Casalnuovo. Considerato che il con.o nella seduta del 18 settembre 1811 decise doversi ricorrere due mesi meglio istruire il processo per poter deliberare, e non avendo fìn oggi adempiuto resta escluso". Passando da Arcora a Casalnuovo, il casale locale espresse anche una propria originalità circa l’etimologia del nome e la collocazione geografica dei propri terreni. L'imperatore Claudio fece costruire un immenso acquedotto che dal Serino passava per Montoro, Sarno, Palma Campania, S. Maria del Pozzo ed arrivava a Pomigliano d'Arco ed all'altezza di Pacchiano (masseria Palmese) prendeva una deviazione che lo portava alla masseria Chiavettieri e di li "fino alla taverna del Casale nuovo alla via per la quale se va da Napoli al Acerra" il percorso qui descritto fu quello che rilevò il Lettiero il quale, per ordire del vicerè Pietro di Toledo, ne rintracciò l'intero corso, allo scopo di riattarlo. Il percorso dell'acquedotto arrivava sino a Baia, dove si era costruito un immenso serbatoio d’acqua per i bisogni della flotta romana. Furono eretti anche degli archi laterizi per meglio permettere il decorso delle acque. Nei secoli e negli anni, lungo il percorso dell’acquedotto Claudio si ebbero vari insediamenti umani. Nel corso della storia del ducato napoletano tutte le comunità umane che sorgevano erano distinte, a secondo della Campo Romano loro disposizione geografica rispetto a Napoli, con le espressioni "intus arcora" e "foris arcora" a secondo se si trovavano di qua o di là dell'acquedotto Claudio. Dagli archi dell'acquedotto, secondo il Capasso, derivava non solo la possibilità di individuare i luoghi rispetto a Napoli, ma anche la possibilità di individuare i vari villaggi che si formavano. Per cui "Dagli archi in discorso fu detto Arcora (...) un villaggio che sorgeva ai tempi del ducato, dov’è ora Casalnuovo". Dunque, l’etimologia del villaggio di Arcora va ricercata nella scelta che la sua antica comunità umana fece di insediarsi nei pressi dell'acquedotto. L’elemento distintivo della gens del villaggio di Arcora non era rappresentato da alcun discendente di quei coloni che la Roma imperiale era solita mettere a guardia dei terreni appartenenti al "Campo Romano". I Licini a Licignano. i Pomili a Pomigliano, i Marili a Marigliano. i Fabi a Faibano. i Pacci a Pacciano erano alcuni dei coloni che furono messi a guardia di particolari zone dalle quali dipese anche il nome delle comunità umane che da essi si formavano. Per il villaggio di Arcora non fu cosi. Qui, a guardia di questi terreni, non fu posto alcun colono romano e solo la vicinanza del luogo all'acquedotto ed agli archi, come diceva il Capasso, fu l'elemento distintivo per dare una certa identità alla comunità umana formatasi in loco. Dalla dominazione longobarda sino al tardo medioevo, passando per il periodo a questi precedente che era stato di razzie e violenze barbariche, tutta l’area appartenente al "Campo Romano" fu portata ad un livello pietoso. Come diceva il Capasso nella prefazione alla "Cronaca di Frattamaggiore", "da Linterno a Cuma ad Atella, da questa ad Acerra al Clanio a Napoli, macchie di pruni e sterpi (fractae), i boschi, sodagli, pantani e paludi, argini e mucchi di sassi ammassati a difesa (cesae, grumi) "costituivano la maggior parte dei territori insieme ai boschi di Acerra, Marigliano ed alla selva che si trovava nei dintorni di Pacciano. In questi territori, sui quali si sviluppò anche il villaggio di Arcora, pochi erano i lembi di terra che si potevano poi destinare all'agricoltura. Quasi tutte le comunità umane che sorsero nell’antica regione della Libùria da cui derivò, poi, il nome di Terra di Lavoro e di cui faceva parte anche il territorio casalnuovese, ebbero una comune matrice nel dotarsi delle prime abitazioni e dei primispazi privati. Le famiglie vivevano sparse ed a volte a grande distanza tra loro, le abitazioni, povere e rudimentali, avevano degli spazi davanti (curtis) che erano difesi da siepi vive, da fascinate ed anche da moricce. Queste popolazioni erano legate da rapporti di subordinazione ai signori, ai conventi, alle chiese. Le generazioni cambiavano, l'uomo della Libùria incominciava a dissodare altra terra, abbattere nuovi boschi ed aumentare così le aree coltivabili. La curtis non era più lo spazio davanti ad ogni singola casa, ma quello che si formava, a semicerchio, davanti a più case riunite. Fu edificato anche qualche luogo per il culto ed il signore del villaggio, a cui l'antico contadino chiedeva volontariamente protezione, si preoccupava di risolvere liti e controversie. Con queste stesse caratteristiche crebbe e si sviluppò anche il villaggio di Arcora. Qui, Angiolo Como, trovò solo ruderi e qualche insediamento umano. Egli incominciò la costruzione di abitazioni di forma allungata che, come rilevò il Giustiniani, "poi. mai sempre han così continuato quegli abitanti". Nella descrizione del regno di Napoli suddiviso in dodici province, Enrico Bacco, nel 1529, nominava Casalnuovo tra "i casali della città di Napoli i quali per privilegio che, tiene detta città, non pagano pagamenti fiscali, ne altro". Tra i casali di Napoli elencati dal Bacco vi era anche "Lo Salice" che ancora nel 1890, come all’epoca ricordava il sindaco Giuseppe Romano, non faceva parte di Casalnuovo. Da Angiolo Como in poi Casalnuovo visse tutte le fasi che interessarono la funzione centrale assunta dalla nobiltà dei baroni nel sud dell’Italia. In questo ambito, la realtà locale, fu interessata dalle varie fasi di progresso ed emancipazione avutesi a partire dall'eversione del sistema feudale sino a giungere agli ordinamenti che seguirono alla repubblica napoletana, con i Francesi, ed a quelli della realtà postunitaria. Quando i Normanni conquistarono l’Italia meridionale vi introdussero anche il regime feudale che poi fu favorito ed esteso dalle varie dominazioni che si succedettero: Angioini, Aragonesi, Spagnoli. Casalnuovo, che faceva parte dei casali della città di Napoli, seguììle sorti che toccarono a tutti i possedimenti della capitale. In effetti, i casali venivano assunti in concessione dai signori e dai baroni dietro pagamento di fitto alla corona. Successivamente, il fitto si tramutò in devoluzione al sovrano di vari diritti, il più importante dei quali era l'amministrazione della giustizia. Al proprietario del casale spettavano i seguenti compiti e diritti: il "mero e misto imperio con podestà di spada", vale a dire che poteva giudicare per cause civili e penali; l"esazione dei proventi fiscali delle pene transatte", "la bagliva" che riguardava la giurisdizione per i piccoli reati; la mastrodattia che riguardava la percezione di proventi derivanti dalla redazione degli atti processuali; lo jus marchii o zecca di pesi e misure. L'entità giuridico-armministrativa entro la quale si esercitava il potere locale veniva denominata "Università". La nomina del sindaco e dei due eletti (collaboratori e controllori del sindaco) dell’Università spettava al signore che nominava anche il parroco della chiesa. Diritto quest’u1timo che gli ultimi signori di Casalnuovo, i Berlingieri, esercitarono sino ad epoca recente. I1 signore amministrava anche lo jus prohibendi della caccia, il passo e passetiello, che erano modi per la riscossione di una tassa di circolazione. Inoltre vi erano i monopoli che il signore aveva per il forno, i molini e le taverne. SARTI AL LAVORO L'Università aveva per il proprio bilancio poche entrate: lo jus del pane a vendere senza gabella, lo jus macellandi, la proprietà di botteghe municipali per la vendita di olio, salumi, strutti, ecc. Inoltre, percepiva vari altri cespiti derivanti da concessioni di terreni o usi. In genere, le riunioni del parlamento e delle Università si svolgevano presso le chiese. Come si rileva dall'analisi dei conti dell'università Casalnuovese per il periodo 1799- l880, le riunioni del pubblico parlamento locale si svolgevano nella piazza e vi partecipavano, mediamente, 100-120 persone. Queste intervenivano nella formazione delle decisioni sui vari aspetti della vita locale. In genere, chi rinunciava a partecipare a queste assemblee in piazza erano le persone più riservate e meno interessate alla bolgia che spesso si creava. L’unico impiegato, anche questo di nomina del signore, era il cancelliere che funzionava da segretario e da archivista. Con le leggi del 1799, del 1806 e del l809 i Francesi soppressero definitivamente il regime feudale ed una nuova vita si schiudeva anche per le realtà locali. Casalnuovo faceva parte della provincia di Napoli, Circondario di Casoria, del Mandamento di Pomigliano d’Arco e rientrava nel collegio elettorale di Afragola. Le anime locali dipendevano dalla diocesi napoletana. Con i nuovi ordinamenti voluti dai Francesi fu abolita l’Università e l’amministrazione municipale fu affidata ad un Decurionato composto da l0 decurioni scelti tra persone con più di 2l anni e titolari di una rendita imponibile non minore di 12 e non maggiore di 24 ducati. Il sindaco rimaneva di nomina governativa. Le riunioni del decurionato di Casalnuovo in epoca borbonica si svolgevano presso l'abitazione del sindaco Aniello Fontana, poiché non vi era una sala pubblica a ciò destinata.

  "Chi da Napoli muove verso Nola per la consolare delle Puglie, dopo San Pietro a Patierno e Taverna Nova...."
cosi scriveva Vittorio Imbriani nella prefazione ai "XII Conti Pomiglianes" per introdurre, con la fantasia il lettore in Pomigliano d'Arco.
      Chiunque, quindi, partiva da Napoli e muoveva verso l'interno, attraversando la consolare delle Puglie, transitava per il Salice e per Tavernanova. Qui, qualcuno trovava anche l'ispirazione giusta per cantare così:

Taverna Nova aria gentile
A chi ’no masto e ’a chi na ’nammorata!
A chi ’no vaso ’a chi ’na massaria.
Quanno la mano mpietto mme calaste
io te dicette: Fa chello che buoje!
Per obbedire a li cumnanne Tuoie.


La rivoluzione napoletana del 1799, i moti del 1820-21 e quelli del l 845 videro vari comuni della zona, da Nola ad Acerra a Pomigliano, partecipare ed essere protagonisti degli eventi. Casalnuovo ed i Casalnuovesi non furono interessati da tali vicende Allo stesso modo, il passaggio dal regno di Napoli all'Italia unita non fu percepito subito dai naturali locali. Quando i fatti e gli eventi muteranno le reali condizioni di vita dei Casaluovesi, il senso del divenire apparterrà ad ognuno di loro.

Storia di
Casalnuovo di Napoli
- Raccontata da
Vincenzo Pelliccia

- Ricerca pubblicata
nel 1987 su l'Araldo

- Casali Novo Intus...
- Il palazzo del Principe
Presente sul Sito del
Comune

Palazzo Lancellotti
San Biagio

 
Tutti i logo e marchi contenuti in questo sito sono dei rispettivi proprietari. © 2004 Pelliccia Vincenzo